Innovazione

Il discoro sull'occupazione delle professionalità più qualificate viene spesso trattato come un tema per il quale la maggiore responsabilità spetta allo Stato, ma osservare da vicino la struttura e le scelte di governance e investimento in innovazione delle PMI può aiutare a comprendere come proprio da esse potrebbe arrivare una spinta alla crescita di opportunità per i giovani.

Quando l’impresa non innova

Poca professionalità = poca innovazione

Che il tessuto lavorativo italiano sia principalmente composto da piccole (spesso micro) imprese e cosa nota – e spesso lodata. In modo simile, è nota la difficoltà di queste imprese, spesso a conduzione familiare, a costruire una reale struttura manageriale con posizioni distinte dalla proprietà. Forso meno evidente è la relazione fra questo limite e la conseguente scarsa presenza di professionalità molto qualificate (che non si è in grado di remunerare e impiegare adeguatamente), che ha come ricaduta ultima la limitata competitività delle imprese stesse, soprattutto in termini di innovazione, con scarsi miglioramenti nei prodotti e processi produttivi.

 

Vediamo qualche dato: secondo l’Istat, professionisti e tecnici rappresentano il 36,5 per cento della forza lavoro italiana, contro una media del 42,2 per cento dell’Eurozona e valori vicini o superiori al 50 per cento nel Regno Unito, in Olanda e nei paesi scandinavi.

[ Dati Report annuale Istat 2021 / La Voce ]

L’impatto dei settori trainanti

Va notato che a generare questa situazione, oltre al prevalere delle piccole/micro imprese, è anche la composizione settoriale dell’economia italiana: i settori trainanti sono agricoltura, turismo, ristorazione, logistica, servizi alle imprese, costruzioni e commercio, ambiti che impiegano meno personale altamente qualificato (dinamica confermata anche nelle altre nazioni europee, dove tuttavia non sono questi settori a essere trainanti).

 

Una maggiore crescita di impiego delle professionalità ad alta qualificazione, a oggi costrette spesso a muoversi all’estero dando vita al fenomeno della “fuga dei cervelli”, potrebbe essere possibile con un investimento verso i settori più “esigenti” dal punto di vista del livello di istruzione e professionalizzazione, per esempio finanza, ict, formazione, attività professionali e gestione immobiliare.

La sfida per le imprese

Alla luce della situazione descritta, e puntando verso un fenomeno di accresciuta occupazione di professionalità elevate che potrebbe avere conseguenze positive a più livelli (crescita di settori oggi non trainanti; riduzione della “fuga di cervelli”; aumento dell’innovazione), il punto di partenza non può che essere il sostegno alla modernizzazione e al cambiamento culturale delle imprese. I fondi del PNRR possono rappresentare un’opportunità interessante per investire sulla trasformazione organizzativa, soprattutto per aiutare le imprese più piccole a compiere un “salto” aziendale che le renda più mature. Trivioquadrivio affianca le imprese in questo importante percorso, accompagnando vertici nell’esplorazione delle istanze strategiche, favorendo l’ingresso di nuove risorse e coinvolgendo gradualmente l’intera organizzazione nel cambiamento di forma mentis e comportamenti.